lunedì 3 giugno 2013

Hurt Locker

Mi direte, che notizia è quella di aver visto finalmente un film del 2008, che se ne stava a fare la polvere nella memoria del mio MySky ormai da due anni?
D'accordo, tanto per cominciare, è un grandissimo film. Uno di quelli che li vedi e all'inizio pensi sia la solita americanata piena di azione, botti e soldati coraggiosi. Solo che questo inizio dura all'incirca trenta secondi, perché già al trentunesimo - con la scena della prima bomba, l'artificiere che si avvicina, i soldati che scrutano nervosi la strada, i civili che non sai se sono ostili o meno... e poi quello che succede... - uno si accorge di trovarsi di fronte a qualcosa di diverso. Azione, tensione, suspence quanta ne volete. Ma poi si va avanti e arrivano la storia, i personaggi, le emozioni. The hurt locker tratta soprattutto del dolore del soldato, del suo non adeguarsi alla vita normale, del suo scambiare la guerra con la pace e viceversa, del suo maldestro e pericoloso essere un eroe a tutti i costi, delle sue pene più recondite custodite in un proprio cassetto nascosto nel quale mettere ciò che lo ha quasi ucciso, come per disarmarlo, per renderlo innocuo. Tratta delle bombe più pericolose, quelle che ti esplodono in testa, ti devastano la vita e sono impossibili da disinnescare.

La cosa più incredibile di questa scena non è l'artificiere che estrae contemporaneamente dal terreno sei bombe collegate l'una all'altra. E' che tutta la sequenza gira attorno a due fili elettrici scoperti e ad una pila tascabile...

E poi c'è il secondo motivo. Ossia che da quando mi sono rimesso a scrivere in maniera regolare e soprattutto grazie al mio universo Radiant che voglio portare avanti con vari racconti, ho visto questo film con occhi diversi. L'ho analizzato alla ricerca di spunti, trovando quegli spiragli che mi permettessero di andare oltre la divisa, fino al cuore di chi la indossa. Diverso è stato dunque il mio sguardo, sollecitato da suggerimenti, intuizioni, ipotesi. Ritengo che scrivere - pur se a livello amatoriale - aiuti molto la lettura, anzi la modifichi: è un po' come andare in macchina una volta che hai cominciato a guidare anche tu, un'esperienza più attiva e consapevole.
Quanto a me, ciò che mi interessa ora è il pensiero di chi preme il grilletto, più dell'arma che usa o della divisa che indossa, futuristica o passata che sia.
Alla fine, credo che sia questa l'essenza della buona fantascienza, anzi della buona letteratura. Poi magari non ci si riesce, si è goffi, si creano solo grossi polpettoni di parole. Però ci si prova.

PS: E dopo tutto questo, dopo una disastrosa prima visione in cui stavo cedendo al sonno dopo la prima mezzora, magari potrei trovare vagamente interessante perfino La sottile linea rossa con tutti i suoi sproloqui esistenzialisti di ogni singolo soldato. Ma forse anche no.

PPS: Come nota di colore, The hurt locker, diretto da Kathryn Bigelow vinse l'Oscar nel 2010, battendo il favoritissimo (e stupidissimo) Avatar di James Cameron. La cosa carina è che la Bigelow è la ex moglie di Cameron (anche se sono rimasti in rapporti tanto buoni che fu proprio lui a convincerla a dirigere questo film dopo averne letto la sceneggiatura). Quando si dice una bella vendetta...

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